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Immagine del redattoreSara Melito

“Instagram tour in Val d’Orcia”

Aggiornamento: 14 gen

(fine settembre 2019)

Cercavo un viaggio breve per assecondare la mia voglia di evasione in questi primi giorni di autunno. Cercavo la tranquillità di un paesaggio che sa di terra, che si accende delle sfumature di ottobre, che regala atmosfere antiche. Parto alla volta della Val d’Orcia con un bagaglio leggero, un libro, il mio diario e lo smartphone. Voglio portare a casa appunti sulla carta e foto da condividere su Instagram. I primi mi serviranno per raccontarvi questa storia, le altre perché possiate vedere, attraverso i miei occhi, la bellezza di una terra affascinante.

Secondo l’Unesco, che l’ha inserita nel 2004 nella World Heritage List, la Val d’Orcia rappresenta il connubio perfetto di arte e paesaggio, spazio geografico ed ecosistema, caratteristiche naturali e attento intervento dell’uomo che nel Rinascimento ha ridisegnato i profili delle colline e ha espresso nel reale gli ideali del “buon governo”.



Dolci colline ricoperte da ordinati vigneti e oliveti, boschi di cipressi e poi faggeti e castagneti interrotti da antichi abitati di origine medievale, case rurali e rocche con torri impervie che si disperdono nell’isolata e tranquilla natura del paesaggio. La Val d’Orcia ha legato i suoi destini alla Via Cassia prima e alla Francigena poi. Il transito continuo di eserciti, mercanti e pellegrini, decretò l’importanza di centri urbani che sorsero proprio lungo le antiche strade, prosperarono e decaddero lungo le spire della Storia. La Val d’Orcia sopravvive, con il suo paesaggio ordinato, perfetto nella sua architettura, rilassante alle prime luci del giorno.

E’ facile percorrere le strade della Val d’Orcia, ma è altrettanto bello perdersi, dimenticando il programma di viaggio, ignorando il navigatore e lasciandosi conquistare dai colori intensi della terra bruna, dei campi arati, dei vigneti carichi di uva matura. I borghi sono piccoli gioielli nati sulla cima dei poggi, guardano la valle sinuosa, sentinelle addormentate di uliveti e boschi di cipressi.

Prima di arrivare a San Quirico d’Orcia, lungo la Cassia che proviene da Siena, c’è una tappa obbligata: il boschetto di cipressi di Torrenieri che sorge su una collinetta tondeggiante priva di altra vegetazione. Questa particolare posizione, il contrasto degli alberi con le stoppie dorate, la forma romboidale del boschetto, sono tutti elementi che promettono una foto effetto wow.



San Quirico d’Orcia sorge lungo la Via Francigena e affascina con la sua atmosfera medievale e gli angoli pittoreschi di pievi e stradine lastricate. Le antiche mura del Quattrocento cingono il perimetro del borgo al cui interno si riconoscono lo Spedale della Scala risalente al XIII secolo e i mirabili Horti Leonini, una vera oasi di pace dove sostare ammirando un vasto giardino rinascimentale. La Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta è una delle costruzioni più antiche del borgo e fu edificata in pietra arenaria e travertino. Di grande pregio il rosone e lo splendido portale in legno. Ho fotografato i particolari architettonici, come la grande lanterna in ferro battuto posizionata sul lato esterno sinistro della Collegiata, o la cinta muraria, poderosa e ben conservata “antichizzata” in uno scatto black&wite.

In posizione elevata e a soli 4 kilometri da San Quirico, Bagno Vignoni è un gioiello unico e inaspettato che colpisce la fantasia. La Piazza delle Sorgenti con la grande vasca medievale di acqua termale è famosa nel mondo e da sola vale il viaggio. Ma la sorpresa è percorrere poche centinaia di metri seguendo il corso delle acque oltre la piazza fino al salto che il rivolo compie verso la valle. Qui sono stati riscoperti ed in parte recuperati antichi mulini. Si può percorrere un camminamento esplorando il parco archeologico fino alle vasche termali che abbagliano con il bianco del travertino e l’azzurro intenso dell’acqua.



La strada sale ancora, abbandona le tonde colline e si arrampica verso i ripidi pendii del Monte Amiata. La terra scura lascia il posto al suolo lavico ricordo di un antico vulcano, i vigneti si fanno più radi e gli ulivi vengono sostituiti da boschi di faggio e castagni. Un vento pungente soffia da nord, dai contrafforti della montagna, la più alta, che domina la valle. Rocca d’Orcia è aggrappata tenacemente ad uno sperone roccioso sin dal 1100. Il borgo si apre a ventaglio appena al di sotto del torrione ed è un intrico disordinato e caotico di stretti passaggi tra le case, piccole piazze, pozzi in pietra, vicoli e scalinate. Tutto si attorciglia attorno ad un piano urbanistico improbabile, confuso e bellissimo, come un quadro appena abbozzato e più volte corretto, frutto di tentativi e ripensamenti. Solo il vento si infila tagliente tra le case, soffia incessante e spaventa i gatti randagi che trotterellano indisturbati tra le viuzze del borgo.

La notte è tutta per Montalcino, un balcone affacciato sulla Val d’Orcia che verso ovest regala tramonti infuocati e l’occhio si perde tra valli e basse colline fino al profilo inconfondibile dell’Amiata. Interamente votato al vino, il borgo è dimora di enoteche e vinerie ospitate negli antichi palazzi del centro. Angoli ammalianti per una photo gallery un po’ retrò. Si vive in un’atmosfera sospesa, tra passato e presente, e il tempo che scorre insieme alle stagioni, cambiano i colori e i ritmi nel prepararsi all’inverno. Scende la notte, i vicoli si illuminano di deboli luci, il silenzio avvolge le case, gli uccelli smettono di cantare. Finisce un altro giorno sulla Val d’Orcia.



Partire all’alba verso la Cappella della Vitaleta permette di godere di un paesaggio che si risveglia a ritmo lento. Una famigliola di caprioli taglia la strada, incredula e infreddolita. La foschia si addensa nel fondo valle e crea sinuose nuvole che risalgono in pendii. A poco a poco la luce del sole inonda i versanti dei poggi e illumina i campi di grano, scintillano gli ulivi sotto i raggi caldi e palpitano i grappoli d’uva maturi. La Cappella, minuscola, è la nel nulla della campagna. Accanto un alto cipresso; altri, ordinati in un filare, dietro di essa punteggiano l’orizzonte. E’ un quadro, perfetto, immobile, immutato nel tempo. Pochi luoghi possono essere tanto evocativi, qui si esce dalla dimensione terrena e si raggiunge l’apice della beatitudine. Lo scopo di tanto ordine, della ricerca della perfezione di chi progetto questo paesaggio rinascimentale, trova la massima espressione a Vitaleta, che non è niente ma rappresenta l’immagine unica di un luogo meraviglioso.

I Campi Elisi, la casa e la famiglia, il ricordo. Scene da Oscar per un grande kolossal campione di incassi. Lo sfondo è la Val d’Orcia, la dimora de Il Gladiatore, il fortunato film di Ridley Scott girato proprio nella campagna di Pienza. Si riconoscono i luoghi, si sente il sottofondo della struggente colonna sonora. I Romani passarono davvero da queste parti, si fermarono, coltivarono campi e costruirono mansiones. Goderono anche loro di panorami che tolgono il fiato. Ci hanno lasciato la Cassia, la strada consolare che da Roma arriva fino al Nord Italia.

La Via del Bacio è uno dei motivi che mi portano a Pienza. Ma la “città ideale” già Patrimonio Unesco dal 1996, ha altre carte da giocare. Un centro stilistico che trova il suo fulcro nella Piazza dedicata a Pio II e la superba passeggiata lungo la cinta muraria ne decretano una bellezza rara, forse un po’ decadente, che ti lega per sempre a questi luoghi.

Non si può lasciare la Val d’Orcia senza aver compiuto ancora due tappe, la prima a breve distanza da Pienza, lungo la statale che riporta verso Montalcino. C’è un albero monumentale, una quercia che supera i 350 anni. La Quercia delle Checche, delle Gazze, è un gigante silenzioso che continua a osservare la storia che scorre all’ombra dei suoi rami.

La seconda tappa è l’Abbazia di Sant’Antimo, un complesso monastico tra i più importanti del romanico toscano e risalente, almeno per quanto riguarda il nucleo originario, al 352 d.C. Ciò che colpisce è la struttura possente dell’abbazia che si staglia su un cielo carico di pioggia e l’uliveto pieno di alberi contorti e legnosi. Il più maestoso sorge solitario tra gli altri, la folta chioma ondeggia al vento, le foglie sembrano d’argento. Si sente un sospiro, è il vento che porta odore di terra, di raccolto, di pioggia.



La Val d’Orcia scivola verso l’inverno, si addormentano i campi, si raffredda la terra, le foglie si infiammano dei rossi, dei gialli e poi cadono. Lontano canta un uccello agli ultimi raggi del sole che tramonta.

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