Storie di barche, pesci e brughiere
Ancora oggi il Ticino è uno dei fiumi più puliti e limpidi d’Italia. Lo abitano in modo stanziale oltre 100 specie di animali differenti e rappresenta un importante corridoio naturalistico per quelli che percorrono anche 50 km ogni notte, come i lupi e che si spostano, silenziosi e invisibili, dall’Appenino alle Alpi.
Un ecosistema di assoluto valore che va tutelato, esplorato e raccontato.
Quando l’autunno si affaccia e le giornate permettono ancora piacevoli escursioni all’aria aperta, ho camminato nella Brughiera di Vigano, tra Somma Lombardo e Golasecca, lungo il confine che separa Piemonte e Lombardia.
Lì, in mezzo al bosco di abeti rossi, addormentato su un letto di pigne e aghi secchi, c’è il Sass di Biss, un masso erratico lasciato da un ghiacciaio preistorico. Non è da solo, altri se ne trovano lungo il corso dell’antico mare di ghiaccio. Si chiamano massi erratici perché arrivano da molto lontano e non hanno motivo di trovarsi dove sono. Le popolazioni che abitavano queste valli nella preistoria, non sapendo come spiegare la loro origine, ritenevano fossero magici.
Il Sass di Biss riporta una settantina di incavi circolari scavati dall’uomo. Forse era un altare per sacrifici, forse un punto d’osservazione, forse un luogo sicuro per conservare gli alimenti.
Il sentiero prosegue attraversando la brughiera che tra qualche giorno esploderà di colore. La fioritura è spettacolare: piccoli fiori ricoprono interamente il sottobosco come un’infinita coperta dalle sfumature del lilla.
Si torna nella pineta e si ridiscende nella valle del Ticino. Qui il fiume fa una grande ansa e scorre impetuoso tra piccole rapidi e mulinelli. Nel medioevo e nei secoli successivi questo punto rappresentava una vera e propria sfida per le barche che dovevano risalire la corrente: le sponde erano troppo distanti per trainare le imbarcazioni con i cavalli e la violenza della corrente non lasciava scampo. I naufragi erano frequenti e si iniziò a chiamare questo tratto di fiume Panperduto, perché i carichi e quindi i guadagni, sparivano tra le onde.
Nel 1884 dal progetto di Eugenio Villoresi, solo dopo molti anni di studi e di varianti, venne completata la diga. Il canale, che qui nasce e che ancora oggi porta il nome del suo illustre progettista, ha trasformato completamente il territorio e le attività ad esso collegato, rendendo fertile una terra poco produttiva e diventando fondamentale nell’economia agricola della campagna a nord di Milano.
Giungendo in questo luogo si rimane incantati: l’acqua è la protagonista assoluta, se ne percepisce la maestosità e la potenza. Lo sguardo viene attratto dalla complessità dei percorsi da essa compiuti fra l’ambiente fluviale e le opere di derivazione e canalizzazione.
Qui l’ingegno umano è riuscito a domare l’acqua costruendo uno degli snodi idraulici più importanti della Lombardia, dove parte delle acque dal fiume Ticino vengono deviate per formare due importantissimi canali: il Villoresi, utilizzato per l’irrigazione e il canale Industriale, fondamentale per la produzione di energia.
Pochi anni dopo, all’inizio del ‘900, grazie ai progressi ottenuti nella produzione e distribuzione di energia elettrica, venne inaugurato anche il canale Industriale; esso si forma dallo stesso snodo idraulico del Canale Villoresi e viene utilizzato tutt’ora per alimentare diverse centrali idroelettriche presenti lungo il suo corso.
La diga del Panperduto e tutto il complesso sistema idrico che qui si sviluppa sono rimasti quasi immutati dalla loro nascita e continuano ancora oggi a ricoprire un ruolo fondamentale sia nell’economia che nella cultura del territorio in cui sono inseriti.
C’è una facile passeggiata che costeggia il Ticino e permette di arrivare alla Diga, oltrepassarla e perdersi lungo il corso dei canali artificiali, penetrando nella Pianura. La bellezza del percorso nasce dalla vicinanza al fiume che non si abbandona mai. E’ l’occasione per scoprire un mondo naturale fatto di piccoli animali, fiori e piante acquatiche, perfettamente inseriti in un’opera realizzata dall’uomo.
Lascio il fiume e ritorno nella pineta e poi nella brughiera e ancora nel bosco. Cerco di scorgere il passaggio degli animali e riconosco un albero completamente scavato da un picchio, le orme di un cinghiale e le pigne addentate dagli scoiattoli.
Qui, in questa oasi di pace a due passi da Malpensa e dalle grandi città, si compie ogni giorno il rito di rinascita, del passaggio attraverso le stagioni, del movimento del Mondo grazie allo scorrere del fiume.
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