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  • Immagine del redattoreSara Melito

DI QUELLA VOLTA CHE SALIMMO SULLA CUPOLA

Aggiornamento: 14 gen

Mia zia ha novantotto anni. La sua memoria corre avanti e indietro lungo un filo sottile che spesso si ingarbuglia. Allora vengono alla luce ricordi dai contorni astratti e raccontano di un tempo in cui i novaresi salivano sulla Cupola per vedere la città dall’alto, spiare tra i tetti una quotidianità indaffarata e accorgersi di quanto Novara fosse bella, così mollemente adagiata sulla pianura e incorniciata dalle montagne.


Quando nel 1882 Antonelli completò l’opera, forse non immaginava che la sua cupola, figlia di un’architettura eroica, costruita in mattoni selezionati uno ad uno, avrebbe ridisegnato lo skyline della città divenendo  simbolo per tutti i novaresi. La amiamo proprio perché è una cupola che cupola non è, edificata in 30 anni da quel geniaccio dell’Antonelli che già aveva lasciato il suo segno a Torino innalzando la Mole.

Pensata da principio come tutte le cupole neoclassiche, si è trasformata nel corso dei lavori in qualcosa di assolutamente unico e mai visto: 127 metri di mattoni si slanciano verso il cielo in una posa architettonica che sembra leggera, inconsistente e che detiene il record di più alta struttura in mattoni d’Europa.


Dal 2012 il Comune di Novara la illumina per celebrare eventi da ricordare. Dal 2021 la Cupola viene restituita ai novaresi nella sua interezza, grazie ad un progetto che ci consente di salire tutti i 450 gradini passando tra interno ed esterno, fino in cima.

Il percorso parte dalla base del Campanile settecentesco di Benedetto Alfieri. Una scala leonardesca, a doppia volta incrociata, porta immediatamente a 35 metri. Si raggiunge così la Sala del Compasso dove ancora si trova un mastodontico compasso ligneo con un braccio di ben 12 metri utilizzato dai progettisti per calcolare la luce degli archi in mattoni che sorreggono l’intera struttura.

Ricevo il casco e l’imbracatura e inizia la salita. Dalla prima balconata si può vedere l’interno della Basilica sottostante e, verso l’esterno, il panorama sulla città.



Si sale ancora, passando tra la copertura esterna e l’anima che dà solidità al fabbricato grazie ad ingegnosi contrafforti curvi che scaricano al suolo le forze. Antonelli ebbe l’ardire di costruire una struttura enorme al di sopra di una pre-esistente Basilica di cui non conosceva la natura architettonica. Utilizzò i mattoni, preferendoli per la loro plasticità e rinunciò alla calce regalando alla struttura minor peso e maggiore elasticità. Aprì finestre e mise in fila le colonne per alleggerire ancor di più i carichi.



A 75 metri la vista spazia sull’intera città e si fa a gara per riconoscere, da un’altra prospettiva, luoghi noti o la propria casa. Sullo sfondo, oltre le risaie e i campi coltivati, le montagne, dominate dall’inconfondibile sagoma innevata del Rosa. Ci si sente a casa.

A 100 metri, attraverso passaggi aerei, scale a chiocciola e locali mai aperti al pubblico e riservati alle maestranze, si arriva alla sommità e ci si rende conto della straordinarietà del progetto e delle difficoltà della sua realizzazione. Lo sguardo si perde nell’infinito del paesaggio e si scorgono, da lontano, i grattacieli di Milano.


Sulla mia testa, la Statua del Cristo Salvatore domina dall’alto la città. Fu collocata il 16 maggio 1878 in presenza dell’Antonelli. In realtà quella che oggi brilla in cima alla Cupola è una copia. L’originale è conservato all’interno della Basilica.

Un’esperienza unica, che lascia senza fiato. Assolutamente da provare!

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