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Immagine del redattoreSara Melito

BINARIO 21 – IL LUOGO DEL RICORDO E DELLA MEMORIA





Il binario 21 non esiste. E’ esistito ma se n’è perso il ricordo e la memoria. E’ piombato nell’oblio della storia, dimenticato, perché coloro che lo hanno vissuto, non sono tornati e quei pochi che ne hanno fatto ritorno, non avevano la forza di raccontare. Troppo dolore, troppa sofferenza.

Fino a quando si è fatta strada la consapevolezza. Il ricordo è un esercizio importante: apre la mente e i cuori e ci permette di guardare all’ attualità senza suggestioni ideologiche. La memoria è una medicina culturale: chi ha buona memoria è un cittadino migliore. Su questi pilastri, ricordo e memoria, nasce il Memoriale della Shoa di Milano. Uno spazio che è anche luogo, volutamente nascosto, lontano da occhi indiscreti, ma paradossalmente così vicino, quale monito all’indifferenza, quel sentimento vergognoso e atroce che ha permesso, secondo la Sen. Liliana Segre, la deportazione e l’eliminazione sistematica di sei milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. La Stazione Centrale di Milano nasconde nelle sue viscere un’area posta al di sotto dei binari e originariamente adibita al carico e scarico dei vagoni postali. L’accesso si apriva su via Ferrante Aporti (oggi piazza Safra) dove sorge anche il Palazzo delle Regie Poste.

Tra il 1943 e il 1945, questa area venne prima requisita dai Tedeschi ed immediatamente riconvertita a luogo di partenza per i campi di concentramento e di sterminio.Centinaia di deportati ebrei furono caricati a forza su vagoni merci che, una volta riempiti, venivano sollevati uno alla volta con un montavagoni tra i binari 18 e 19, appena fuori dalla grande tettoia della stazione passeggeri, a formare i convogli diretti ai campi di Bergen-Belsen, Mauthausen, Auschwitz-Birkenau o ai campi italiani di raccolta di Fossoli, Verona e Bolzano. Superato l’ingresso e il Muro dell’Indifferenza, si procede lungo una rampa in un ambiente buio e spoglio, metafora dello svilimento materiale e psicologico a cui venivano sottoposti i prigionieri, privati dapprima degli oggetti e poi dell’identità umana.



Al di sotto della passerella si trova una simbolica aiuola di pietre che rimanda sia ai binari del treno, sia all’usanza ebraica di posare una pietra in memoria dei defunti.Alle spalle delle Stanze delle Testimonianze dove vengono proiettate le interviste ai sopravvissuti, si apre la Banchina delle Deportazioni. Impossibile rimanere indifferenti di fronte ai vagoni merci originali sui quali venivano caricati a forza i prigionieri. Ed ecco il ricordo popolato di ordini secchi urlati in tono monocorde, occhi smarriti di chi ha già perso tutto e ignora ancora il proprio destino.

Ecco il luogo della vergognosa ingiustizia.

Sulla banchina opposta è collocato il Muro dei Nomi. Settecentosettantaquattro nomi riempiono questo spazio. Sono quelli dei deportati ebrei stipati nei due convogli partiti il 6 dicembre 1943 e il 30 gennaio 1944.



La destinazione era Auschwitz-Birkenau. Soltanto 27 prigionieri tornarono a casa e i loro nomi si stagliano in mezzo a quelli di centinaia d’altri che non hanno più fatto ritorno. Ecco la memoria, testimonianza violenta davanti al mondo di ciò che è avvenuto. Dalla Stazione Centrale di Milano partirono complessivamente venti convogli, l’ultimo il 15 gennaio 1945. Auschwitz-Birkenau fu liberato dalle truppe sovietiche il 27 gennaio 1945. La storia è testimone di pagine vergognose, ma in questo luogo dove si è compiuta la più terribile delle ingiustizie, c’è il terreno fertile per coltivare il seme di un mondo più giusto. Attraverso il ricordo e la memoria, attraverso la presa di coscienza e la formazione alla convivenza tra individui di culture e tradizioni diverse.


Per visitare il Memoriale della Shoa di Milano: Piazza Edmondo J. Safra 1

Orario di apertura variabile a seconda del periodo dell’anno



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